venerdì 13 settembre 2013

Someone to (not) fall back on

Dal libro 'Il mondo incantato' di Bruno Bettelheim, interessante anlisi psicologica delle fiabe e della valenza educativa che hanno sui bambini:

"Anche se un genitore indovinasse alla perfezione perché un bambino si è lasciato prendere emotivamente da una data storia, farebbe meglio a tenere per sé questa intuizione. Le più importanti esperienze e reazioni del bambino sono in larga misura inconsce, e dovrebbero rimanere tali finché egli non arrivi a un'età e a una capacità di comprensione molto più mature. È sempre un'atto d'invadenza interpretare i pensieri inconsci di una persona, per rendere conscio ciò che essa desidera mantenere preconscio, e questo è particolarmente vero nel caso di un bambino. Importante per il benessere del bambino come la sensazione che i suoi genitori condividono le sue emozioni, appassionandosi alla stessa fiaba che li appassiona, è la sensazione del bambino che i suoi intimi pensieri sono ignoti al suo genitore finché egli non si decide a rivelarli. Se il genitore fa capire di conoscerli già, impedisce al bambino di fargli il dono più prezioso: quello di condividere con lui quanto fino ad allora aveva di segreto e di privato. E dato che, inoltre, un genitore è tanto più potente di un bambino, la sua dominazione può apparire illimitata se sembra in grado di di leggere i pensieri segreti del bambino, conoscere i suoi sentimenti più nascosti, ancora prima che il bambino stesso abbia cominciato a diventarne consapevole.
Le interpretazioni degli adulti, per quanto corrette possano essere, privano il bambino della possibilità di avvertire una sensazione: quella di aver affrontato, da solo e con successo, dopo aver più volte ascoltato la storia e meditato su di essa, una difficile situazione. Noi cresciamo e troviamo significato nella vita e sicurezza in noi stessi perché abbiamo compreso e risolto dei problemi personali da soli, non perché altri ce li abbiano spiegati."


Mi rendo conto solo ora di quanto spesso io abbia boicottato inconsapevolmente persone a me care. Se vedo qualcuno in situazione di difficoltà la mia sindrome del supereroe mi spinge ad aiutare e a dare consigli, ma a quanto pare forse farei meglio a starmene zitto ogni tanto, o comunque fingere di non aver intuito alcune cose che la persona deve ancora capire di sé e che non è ancora pronta ad ammettere nemmeno a sé stessa.
Sono sempre stato dell'idea "la verità sempre e comunque", ma col tempo ho capito che forse aprire gli occhi a una persona su cosa sta suggerendo il suo inconscio è una mossa brusca che alcune volte può essere utile, ma nella maggior parte dei casi invece fa chiudere ancor di più la persona a riccio, negando il problema e rendendone ancor più problematica la risoluzione.
Forse il fatto di avere una visione esterna e più lucida degli eventi non mi garantisce il diritto di intervenire per aiutare. Forse dovrei zittire l'istinto da crocerossina e forzarmi a non intervenire attivamente con la speranza di poter salvare chiunque, ma lasciare sbagliare le persone, così che imparino a cadere e rialzarsi con i propri piedi.
Forse dovrei smetterla di dire sempre la verità quando mi si richiedono pareri, ma imparare quando qualche omissione può essere utile e non dover sempre dimostrare di aver capito più di chi mi chiede consiglio.

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